Copasir mon amour

(di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano) – Se rinasco, voglio andare al Copasir. Il posto è bello: palazzo San Macuto, roba del ’600, già sede della Santa Inquisizione, fra il tempio di Minerva e quello di Iside. La paga quasi accettabile: 15-18 mila euro netti al mese. L’impegno è relativo: puoi andarci o no, mica bolli la cartolina. E il divertimento è assicurato: devi controllare i servizi segreti che, essendo segreti, sono incontrollabili, quindi hai un sacco di tempo libero per lo svago. Ultimamente vanno forte il Cluedo, il Piccolo Sherlock e, per le signore, la Piccola Miss Marple. Le ultime indagini hanno riguardato la missione sanitaria russa a Bergamo in pieno lockdown; la visita del ministro Usa Barr al capo del Dis Vecchione nella sede del Dis; gli ospiti dei talk che parlano di Russia pur essendo russi, ma anche italiani. Le prime due indagini, salvo colpi di scena, si sono chiuse come segue: la missione sanitaria era una missione sanitaria; la visita di Barr a Vecchione nella sede del Dis era una visita di Barr a Vecchione nella sede del Dis (Rep ha poi svelato che i due cenarono al ristorante Le Due Coppelle ma, sebbene il mondo non parli d’altro, il caso non è stato purtroppo riaperto: chiaro insabbiamento per occultare il menu). La terza è in pieno corso e si preannuncia pregna di colpi di scena, dovendo sciogliere un interrogativo tanto angosciante quanto complesso: i giornalisti dipendenti dal governo russo sono forse pagati dal governo russo? E, se sì, non saranno mica – Dio non voglia – “legati al Cremlino” (Rep)? Nel caso in cui – ma non vogliamo neppure pensarci – l’atroce sospetto si rivelasse fondato, si potrebbe addirittura ipotizzare che chi li invita sia interessato a conoscere le posizioni del governo e del popolo russi.

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I detective del Copasir investigano in ogni direzione e il caso è aperto a qualunque esito. Il presidente Urso mantiene il più stretto riserbo e alla domanda fissa “E Orsini?” oppone un impenetrabile “La legge mi obbliga alla riservatezza”. Potrebbe pure emergere che Orsini è russo ma, nel caso, è un segreto. Testimone chiave della spy story è Carlo Fuortes, il tanguero esperto in opera lirica che amministra la Rai per conto dei Migliori, torchiato a lungo per sapere come mai i talk show ospitino idee diverse. Cos’abbia detto di preciso al Copasir non si può sapere, se non che aveva “un atteggiamento costruttivo e unitario” (lo si temeva distruttivo e divisorio). Ma qualcosa delle sue acute risposte filtra sul Corriere: “Un Ad non può passare in rassegna gli ospiti di tutti i talk”, quindi non resta che “cambiare la formula dei talk… Insomma il talk show con ospiti di estrazioni diverse non va più bene”. Che poi è quello che dice Putin. Idea: facciamogli condurre i talk show. Non solo qualcuno: tutti.

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