Per arrotondare – Il Fatto Quotidiano

Da quattro anni, come voi ben sapete, ci occupiamo assiduamente della presidentessa del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. Per i seguenti motivi: il doppio ruolo di seconda carica dello Stato e vestale del berlusconismo con grave sprezzo del ridicolo fin dai tempi di Ruby nipote di Mubarak; il vitalizio extralarge; la passione per i voli di Stato; le missioni internazionali concomitanti con i concerti del figlio; e, per par condicio, gli aiutini alla figlia a spese dei contribuenti. Stupefatta perché almeno un giornale trovava tutto ciò degno di nota, la presidentessa ci minacciò di azioni legali nel caso insistessimo e poi, siccome insistevamo, ci fece causa al Tribunale civile di Padova. Chiedeva almeno 150mila euro per alcune decine di articoli, lamentandone oltre 200 a riprova della “campagna di stampa” e dello “stalking mediatico” per diffamarla e farla soffrire. Ci siamo difesi portando le prove di tutto quanto avevamo scritto e ora il giudice riconosce che “i fatti storici narrati sono veri”, “la critica è legittima”, “non si vede quale sia il contento diffamatorio”: sul vitalizio extralarge (comprensivo – caso unico nella giurisprudenza domestica del Senato – dei quattro anni al Csm); sul giro del mondo al seguito del pargolo musicista; sulla resistibile ascesa della figlia esperta di bici. Quindi il giudice “esclude la campagna mediatica” diffamatoria.

q

Ma alla fine le dà un contentino perché (in 200 articoli) abbiamo usato tre vocaboli: “bestemmia” (il “perdio” sfuggito alla gentildonna), “marchette” (i sospetti di favori ai rampolli) e “minacce” (i preavvisi di azione legale recapitati a domicilio a due nostri cronisti, mentre il sottoscritto, ritenuto meno impressionabile, li ricevette in redazione). E ci condanna ad arrotondare lo stipendio e il vitalizio della statista padovana: “5.000 euro per l’utilizzo del termine ‘marchette’, 10.000 per gli articoli sulle minacce e 10.000 per l’articolo sulla bestemmia”. Ovviamente appelleremo questa (minuscola) parte di sentenza, perché rivendichiamo il diritto di sentirci minacciati da una minaccia di azione legale; quanto a “bestemmia” e “marchette”, siamo in buona compagnia del Dizionario Treccani. Che definisce “perdio” come “imprecazione, bestemmia”. E “marchetta” (molto usata nel gergo politico) come “piccola marca” e, per estensione, lavoro non impegnativo fatto per compiacere qualcuno…”. Per domenica prossima i “garantisti” ci hanno apparecchiato cinque referendum: quattro pericolosi, uno inutile, nessuno garantista. Il minimo sindacale del garantismo dovrebbe consentire a chi scrive la verità di usare le parole che vuole e di essere risarcito da chi lo denuncia con accuse false. Invece, nella patria del diritto, accade il rovescio.

Sorgente: Per arrotondare – Il Fatto Quotidiano

Hits: 0

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*