
Scontro. Il salviniano Romeo dice “no” ai caccia, anche Silvio blocca la premier: “È troppo schiacciata sull’America”
Dai bunker di Kiev è passata a quello di Palazzo Chigi. Dopo un lungo viaggio notturno, Giorgia Meloni è tornata ieri a Roma dall’Ucraina. Ma non ha niente da festeggiare dopo la missione nella Capitale ucraina. Perché dopo l’oscuramento causato dal viaggio del presidente americano Joe Biden a Kiev, Meloni ha subìto anche l’umiliazione dell’uscita di Volodymyr Zelensky contro Silvio Berlusconi che in poche ore ha fatto il giro del mondo. La premier è furiosa. E se da una parte ha messo in atto una strategia per evitare una risposta diretta di Berlusconi a Zelensky, ieri è stata la giornata dei distinguo degli alleati Lega e Forza Italia sulle armi: sui cacciabombardieri sia Berlusconi che Salvini le hanno fatto sapere, anche se indirettamente, che non ci staranno. Un modo per infierire sulla premier che la prossima settimana volerà in India e negli Emirati Arabi.
Per qualche ora, però, tra martedì sera e ieri mattina, il governo ha traballato. Berlusconi, su consiglio della compagna Marta Fascina, avrebbe voluto commentare le parole di Zelensky che lo aveva accusato di “non essere mai stato bombardato”. Ma a quel punto le colombe di governo – soprattutto in Fratelli d’Italia – hanno invitato Arcore alla calma. A ieri sera non c’era stato un contatto diretto tra Meloni e Berlusconi ma i vertici di FdI si sono mossi eccome, a partire dai pontieri vicini a Meloni che hanno da sempre buoni rapporti con Berlusconi, come Ignazio La Russa e Guido Crosetto. L’avvertimento è stato chiaro: rispondere vorrebbe dire mettere in difficoltà il governo e la situazione è delicata, anche a livello internazionale. Tanto più che ieri mattina, a mettere ancora più benzina sul fuoco, è arrivato il commento del governo russo che ha difeso Berlusconi: la portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha detto che “in un altro impeto di rabbia impotente, l’abitante del bunker (Zelensky, ndr) ha attaccato Berlusconi, che aveva ricordato al regime di Kiev il Donbass”. Così anche i forzisti più oltranzisti, a partire da Licia Ronzulli, hanno consigliato al capo di lasciar perdere. Ieri Berlusconi ha preferito tacere. E a provare a spegnere l’incendio ci ha pensato il solito Antonio Tajani che, da New York, ha spiegato che “il governo italiano e Berlusconi sono contro la Russia e a favore dell’Ucraina: i voti lo dimostrano”. I commenti dei forzisti contro Zelensky sono stati pochi.
Mentre la strategia è quella di abbassare i toni con Zelensky, però, ieri sia i vertici di Lega che FI hanno fatto sapere alla premier che non accetteranno di mandare “caccia” all’Ucraina. Anche perché non è passata inosservata la frase di Meloni in conferenza stampa con Zelensky in cui ha detto che non ci sono distinzioni tra armi “offensive e difensive”. Ieri le ha risposto Massimiliano Romeo, capogruppo della Lega in Senato: “Attenzione a inviare armi che provochino un conflitto diretto con la Russia”. Salvini decide di non commentare: Meloni ha il 30% e quindi si prende “onori e oneri”, è il ragionamento del leghista. Resta però il problema politico: se sul tavolo del governo arriverà l’invio dei caccia Salvini premerà su Meloni per dire “no”. “Si porrà un problema”, dice un dirigente leghista. Anche i berlusconiani dicono che “non se ne parla”: in primis perché, spiegano da Arcore, Berlusconi è molto attento ai sondaggi e sostenere una escalation militare sarebbe controproducente. Poi, si dice in FI, inviare caccia significherebbe entrare in guerra con Mosca. Stessa tesi dell’ambasciatore russo Sergej Razov: “Fornendo armi a Kiev, l’Italia entra nel conflitto”, dice all’Ansa. Berlusconi lamenta di non essere mai consultato da Meloni prima dei viaggi internazionali e FI accusa la premier di “essere troppo schiacciata su Washington”. La risposta è arrivata ieri da FdI con Foti e Tremonti che hanno annunciato per oggi un sit-in all’ambasciata ucraina dopo un anno di guerra. Lega e FI non andranno.
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