L’editoriale di Marco Travaglio
Democrazia all’asta
Vito Bardi ha rivinto in Basilicata con 153.088 voti, cioè con gli elettori di Prato se andassero tutti alle urne. Un po’ poco, come test nazionale. Ma una bella prova dei paradossi del sistema politico e mediatico. Dopo le ultime retate in Puglia, Piemonte e Sicilia sui voti comprati, era tutto un coro contro il trasformismo di “cacicchi e capibastone” (copyright Schlein). Poi, in Basilicata, per far rivincere il pessimo Bardi è bastato il trasformismo del cacicco Marcello Pittella, passato dal Pd ad Azione (che, come lui, aveva attaccato per cinque anni Bardi), e del duo Azione-Iv, passato dal centrosinistra al centrodestra con un totale di 38 mila voti: mille in meno del divario fra Bardi e lo sfidante Piero Marrese (Pd sostenuto da 5S e Avs). E il coro è subito cambiato: tutti a magnificare la fantomatica rinascita del “centro” nobilitando con afflati ideali l’Operazione Voltagabbana. La dynasty Pittella (fra l’altro monca, perché l’altro fratello Gianni è rimasto coerente) s’è messa all’asta, per vedere chi offriva di più e aveva più chance di vincere, poi ha usato i taxi di Calenda&Renzi per dirottare i voti da sinistra a destra. Tutto legittimo, intendiamoci. Ma non certo una lezione nazionale per battere le destre (come dicono Renzi e Calenda che, per batterle meglio, le han fatte vincere). A meno che, per battere le destre, non si debbano inseguire tutti i cacicchi che portano o millantano voti in cambio di favori. A partire da Cuffaro, che va in giro a vantarne 150-200 mila e li mette sul mercato, al migliore offerente. Sfumati – pare – i negoziati con la lista Renzi&Bonino, ora Totò tratta con FI e Schifani dice che quei voti li ha già presi alle Regionali e sarebbe assurdo rifiutarli alle Europee per “puzza sotto il naso” (un pregiudicato per favoreggiamento alla mafia profuma di Chanel n. 5).
I 5Stelle, disorganizzati sui territori e forti solo dei voti d’opinione, sono andati – come sempre alle Regionali – malissimo. E si dà la colpa a loro se ha vinto Bardi: potevano appoggiare Chiorazzo, l’altro cacicco Pd amico di Andreotti e Gianni Letta in conflitto d’interessi con le coop, anziché bocciarlo, e spartirsi la torta della possibile vittoria. In effetti Chiorazzo ha fatto il pieno di preferenze (7.300), battendo addirittura Pittella (7.200). Quello che gli strateghi del Risiko politico non calcolano è che i 5S si sono dissanguati già sostenendo lo sbiadito e anonimo Marrese: se avessero digerito pure Chiorazzo, avrebbero preso ancor meno del 7,6%. Questa è la lezione nazionale: o un’alleanza Pd-5S-Avs (modello Sardegna) con candidati puliti e credibili (come in Sardegna) per recuperare milioni di astenuti; o un’alleanza Pd-Centrini con capibastone, cacicchi e voltagabbana per rimestare fra i soliti voti all’asta.
Sorgente ↣ : Democrazia all’asta – Il Fatto Quotidiano