Il deserto come discarica umana. Questo il piano del presidente tunisino Kaïs Saïed, l’”alleato affidabile” di Giorgia Meloni nella gestione dei flussi migratori. Ma affidabile per cosa? Per abbandonare esseri umani nel deserto senza acqua né cibo?
I fatti parlano chiaro: 29 migranti della Sierra Leone, parte di un gruppo di 42, risultano dispersi dopo essere stati abbandonati dalle autorità tunisine al confine con l’Algeria. Tra loro, bambini e donne incinte. Anderson, 24 anni, racconta di 12 giorni nel deserto prima del salvataggio. Il suo crimine? Viaggiare da Sfax a Tunisi per rinnovare lo status di richiedente asilo.
Questa non è un’eccezione, ma una pratica sistematica. Human Rights Watch denuncia: da un anno i migranti vengono spinti verso i confini desertici, violando palesemente il diritto internazionale. L’Oim stima 15mila migranti solo nel campo di Sfax, molti dei quali rischiano lo stesso destino.
Intanto, sei corpi di migranti, incluso un bambino, sono stati recuperati al largo di Monastir. Numeri che si aggiungono a una tragedia in corso, mentre l’Italia stringe accordi con Saïed.
Intanto il presidente tunisino si prepara a elezioni farsa, negando l’accreditamento agli osservatori internazionali. Un’ulteriore prova della deriva autoritaria che l’Italia e l’Europa fingono di non vedere.
La Tunisia è diventata una trappola mortale per i migranti. Gruppi come Rifugiati in Libia lanciano l’allarme: “La situazione sta andando di male in peggio”. Le morti aumentano, i diritti vengono calpestati, e il clima repressivo rende persino illegale aiutare i richiedenti asilo.
Eppure il governo italiano continua a stringere la mano a Saïed, chiudendo entrambi gli occhi. In nome di cosa? Di una “stabilità” che sa di sabbia e sangue.
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