Si è un po’ assopita la polemica sugli insetti nel cibo (e come cibo) perché siamo quotidianamente travolti da nuovi scandali all’italiana ma il tema è ancora attuale, non dobbiamo dimenticarlo. Ci siamo dunque fatti una domanda molto semplice: perché alle persone fa così schifo pensare agli insetti come alimento, se poi nella nostra dieta sono presenti i crostacei? Da un punto di vista tassonomico non c’è una grande differenza tra gamberi e aragoste rispetto a grilli, cavallette e cicale quindi il paragone ha senso perché sono tutti dei Pancrostacei. La questione però è molto interessante dal punto di vista antropologico: ci fa vedere come il gusto e il senso del disgusto, ma più in generale l’alimentazione umana, siano fortemente influenzati dalla storia, dalla società e dalla cultura delle persone. Tutto ciò che abbiamo vissuto e che viviamo si riflette in abitudini e comportamenti molto eterogenei tra medesimi gruppi di persone. Per questo motivo gli occidentali ripudiano (generalmente) l’idea di mangiare insetti ma consumano gamberetti e granchi che sono strettamente imparentati a loro.
Insetti e crostacei sono più simili di quanto immagini
Nell’Ebraismo e in alcune interpretazioni dell’Islam, i crostacei sono considerati non kosher o haram e non possono essere mangiati. Di esempi religiosi ce ne sarebbero a bizzeffe, pensiamo al divieto di carne nei venerdì di Quaresima per i cristiani, al tabù delle vacche nella religione induista e così via. In questo caso però non parliamo di comportamenti influenzati dalla religione ma puramente culturali. Dopotutto esistono migliaia di atei che inorridiscono all’idea di mangiare una cavalletta quindi c’è qualcosa di addirittura più profondo della religione.
Abbiamo detto che i due gruppi di animali sono Pancrostacei, possiamo però dire che non tutti i crostacei sono insetti ma tutti gli insetti sono crostacei, o meglio Pancrostacei, come scrive il Post. La differenziazione dipende da un singolo antenato vissuto circa mezzo miliardo di anni fa. È importante anche dire che il gruppo dei Pancrostacei è il più diversificato e numeroso della Terra, comprendendo oltre l’80% delle specie. Le similitudini sono così forti che alcuni crostacei sono più vicini agli insetti e altri esapodi (come gli scarabei) che ad altri crostacei. Tra i crostacei ci sono anche alcuni animali terrestri, comunemente considerati insetti, come il porcellino di terra che somiglia a una blatta.
Non sappiamo ancora bene il processo evolutivo che ha portato agli attuali crostacei. Il Post cita David Foster Wallace che nel 2005 ha provato a fare luce sull’aragosta: la sua teoria è che circa 480 milioni di anni fa “il phylum degli artropodi si divise in più lignaggi, uno dei quali produsse i Chelicerati (a cui appartengono ragni e scorpioni) e un altro i Mandibolati. Da questo secondo gruppo si diramò il lignaggio che portò sia ai crostacei moderni, tra cui gamberi e aragoste, sia agli esapodi (animali a sei zampe), che comprendono la classe degli insetti, il gruppo più diversificato di artropodi viventi”. Non a caso Wallace nel libro scrive che le aragoste “sono in sostanza enormi insetti marini“.
La caratteristica più comune tra i due “cibi” è senza dubbio l’esoscheletro, la struttura esterna che protegge l’interno degli animali e sostiene gli organi. Quello dei crostacei è molto più solido e grosso, il che ha influito sulle dimensioni degli animali marini in questione e le dimensioni influiscono sulla nostra percezione delle aragoste e dei gamberi come cibo e non come insetti. A parte questo, ci dispiace deludere i più acerrimi rivali degli insetti in cucina, ma crostacei e insetti sono molto simili. Hanno strutture cerebrali simili e perfino il sapore non è così differente anche se uno è tendenzialmente marino e l’altro è tendenzialmente terroso per evidenti motivi. A livello culinario condividono anche gli stessi allergeni: se sei allergico ai crostacei non mangiare gli insetti commestibili perché potresti avere uno shock anafilattico.
In realtà nel mondo solo gli Occidentali si privano degli insetti
A livello comunicativo l’Occidente continua a trattare l’alimentazione con gli insetti da un punto di vista estremo, in un senso o nell’altro. Se cerchi online trovi decine di articoli che parlano di una possibile se non certa futura fonte di proteine in scenari apocalittici disastrosi, oppure dal lato opposto, banalizzando un argomento su cui dovremmo interrogarci a più livelli.
La visione che vede l’Occidente al centro dell’universo si sta ripercuotendo nella comunicazione di questo alimento perché ignoriamo (ed è inaccettabile nel 2024) che ogni giorno circa 2 miliardi di persone in tutto il mondo mangiano insetti. Non per moda o per salvare il mondo dagli allevamenti intensivi in questa costante ricerca di proteine per le nostre diete. Mangiano insetti perché è così che dice la loro cultura: sono tra gli alimenti più antichi e comuni a disposizione. Trattare questa alimentazione come se fosse una cosa strana denota un atteggiamento post-coloniale davvero inquietante.
Solamente in Occidente il consumo di insetti è raro ma è solo una cosa culturale: mangiamo le ostriche che sono animali praticamente vivi quando li ingeriamo; mangiamo formaggi con muffe e hot-dog dal supermercato fatti con interiora e chissà cos’altro; in Italia ci sono i sanguinacci fatti col sangue di maiale e mangiamo parti di animali che all’estero sono ritenute disgustose come fegati, trachee, polmoni, vesciche e genitali. Dobbiamo avere più contezza di una cosa banale: ciò che piace a noi, non deve per forza piacere agli altri e ciò che piace agli altri non deve per forza sconvolgerci. Possiamo restare basiti ma abbiamo il dovere di tenere la mente aperta
In realtà però abbiamo una scusante a tutto questo: l’evoluzione data dall’ambiente in cui viviamo. La ritrosia a mangiare insetti è presente soprattutto in Europa (Italia, Polonia e Ungheria le nazioni più avverse) e nelle Americhe, popolate dai coloni europei, perché nel Vecchio Continente c’è una scarsissima biodiversità per gli insetti. Pensa che l’Europa ospita solo il 2% di tutti gli insetti commestibili del mondo: molti di questi sono commestibili solo in via teorica perché nelle zone temperate molti insetti non hanno la possibilità di crescere abbastanza (come nei tropici equatoriali) per essere una sicura fonte di cibo. Questo significa che nella nostra cultura alimentare primordiale l’assenza degli insetti è del tutto giustificata dall’ambiente in cui siamo cresciuti, esportando di conseguenza le abitudini nei posti che abbiamo colonizzato (con la violenza o con l’emigrazione).
Le dimensioni degli insetti hanno delle “implicazioni rilevanti sul piano culinario. In un recente video sul suo canale YouTube il giornalista statunitense Adam Ragusea ha proposto qualche altra ipotesi per provare a spiegare le resistenze culturali a mangiare gli insetti. Una delle ragioni plausibili è che, essendo appunto gli insetti tendenzialmente più piccoli dei crostacei, il modo più diffuso di mangiarli è per intero, cioè con tutto il loro esoscheletro, la testa, gli organi interni e ogni altra parte del corpo. È un modo che la maggior parte delle persone troverebbe disgustoso anche nel caso dei crostacei e di altri animali. Ma rimuovere l’esoscheletro degli insetti, come di solito si rimuove il carapace dei crostacei, lascerebbe ben poco tessuto muscolare da mangiare” scrive il Post.
Il giornalista americano fa in realtà anche un’altra ipotesi: il nostro contatto con gli insetti è molto diretto e solitamente spiacevole tra pic-nic rovinati e punture dolorose. I crostacei invece non li vediamo mai in natura quindi percepirli come “insetti acquatici” ci è più difficile perché vivono “su un piano dell’esistenza completamente diverso dal nostro”.
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