Nel 2023, primo anno del governo Meloni, il tasso di variazione del Pil è risultato pari a 0,7%, 0,2 punti percentuali in meno rispetto alla stima Istat del marzo scorso. Nel 2022 il Pil è aumentato del 4,7%, al rialzo di 0,7 punti percentuali, nel 2021 è cresciuto dell’8,9%, con una revisione di +0,6 punti percentuali. Emiliano Fenu, capogruppo M5S in commissione Finanze della Camera, qual è la lettura corretta di questi dati?
“Credo che la lettura sia lineare. Le politiche espansive adottate dal Governo Conte II, per contrastare la pandemia e allo stesso tempo rilanciare il tessuto produttivo, hanno permesso al Paese di ottenere un autentico boom di crescita del Pil nel biennio 2021-2022. Questa poderosa crescita, +13,6% in quei due anni, ha permesso anche un mostruoso abbattimento del debito pubblico in rapporto al Pil, di fatto sceso dal 154% del 2020 al 134% del 2023, ben 20 punti in meno. Il buco sta soltanto nelle scelte di politica economica del Governo Meloni, che ha risprofondato il ritmo di crescita ai miseri ‘zero virgola’ che nei peggiori decenni dell’austerità tanto hanno penalizzato il Paese”.
Nel 2023 invece migliorano i dati sul debito e il deficit. Non era dunque vero che c’era il buco di bilancio attribuibile al Superbonus, tra le altre cose?
“Guardi, è chiaro che la destra impazzisce solo al pensiero. Non solo non esiste il buco, ma il boom dell’economia del 2021-2022 è avvenuto proprio in un biennio in cui erano in vigore le misure volute dal Governo Conte II e dal M5S, da Transizione 4.0 al potenziamento del Fondo centrale di garanzia per le Pmi, dal Superbonus al Reddito di cittadinanza, dal meccanismo della cessione dei crediti fiscali a Decontribuzione Sud. Poi è arrivata Meloni ‘mani di forbice’ e ha tagliato tutto, compresa la crescita. E non ci voleva certo una sfera di cristallo per prevedere un misero +0,7% di crescita nel 2023”.
Crede che questi dati renderanno più facile il lavoro del governo per mettere in piedi la Manovra?
“La Manovra sarà lacrime e sangue non perché lo dico io o perché lo dice il M5S, ma perché questa è la conseguenza inevitabile dell’aver arrendevolmente votato il nuovo Patto di stabilità scritto in Germania, che per noi significa una correzione da 12-13 miliardi l’anno per i prossimi 7 anni. Medici, infermieri, insegnanti, piccole imprese, pensionati, ceto medio ringraziano tutti insieme appassionatamente. Eppure la Meloni, se volesse provare a dimostrare che non guida un esecutivo di sovranisti alle vongole, avrebbe una possibilità: esercitare quella clausola del Patto di stabilità che consente agli Stati di modificare il calcolo di alcuni parametri, come il Pil potenziale, che ora come ora per l’Italia comportano penalizzazioni a non finire in termini di tagli alla spesa. Il M5S ha presentato alla Camera un’interrogazione per sapere cosa aspetti il Governo a darsi una mossa nell’esercizio di questa clausola”.
Lo schema del Piano strutturale di bilancio è stato già presentato in Cdm la scorsa settimana. E ora, una volta recepiti i nuovi dati Istat, dovrebbe richiedere un nuovo passaggio a Palazzo Chigi prima dell’invio al Parlamento. Ritiene che saranno compressi i tempi alle Camere per valutarlo?
“Mi auguro di no, anche se ritengo che la strada per il Governo sia segnata, con un Piano strutturale che anticiperà l’essenza di una Manovra inutile e dannosa. E’ semplicemente incredibile, considerando che siamo alla terza legge di bilancio della Meloni. Dobbiamo però capire che non si tratta di incapacità, ma di una precisa scelta politica. La Meloni fa austerità, anche accettando supinamente il nuovo Patto di stabilità, perché è convintamente neoliberista, austera ed elitaria. Non le interessa il benessere complessivo del tessuto economico-sociale, ma solo quello di certi frammenti finanziari di società. In questo quadro si inseriscono i tagli a investimenti e protezione sociale, la povertà dei salari, le privatizzazioni selvagge, l’ossessione per l’export senza curarsi della distruzione della domanda interna. E’ un preciso approccio di politica economica che difende solo le élite, provando a spacciare per salvifiche misure che danno solo pochi spiccioli a chi ne ha veramente bisogno, per poi togliere quegli stessi pochi spiccioli da qualche altra parte”.
Prende forma il Bonus Natale. Cento euro nelle tredicesime dei lavoratori dipendenti con reddito fino a 28mila euro e almeno un figlio. Che ne pensa?
“Anche qui, misura irrilevante, circoscritta, i cui effetti saranno più che divorati da altri tagli. E’ il Governo che dà al massimo 2 ai cittadini con una singola misura, per poi togliere 10 tra tagli alla sanità, agli investimenti, alla protezione sociale. Per chi ha veramente bisogno il saldo è sempre negativo”.
Peraltro non era la premier a dire basta ai bonus?
“Che pena questa narrazione. La Meloni ha sostituito i ‘bonus a pioggia’ con i tagli a grandine. Direi che i dati aggiornati ieri dall’Istat ne sono una bella conferma in termini di impatto sull’economia. La realtà è che questo Governo si rifugia nel passato perché non ha uno straccio di presente. Si punta l’indice contro i bonus a pioggia del passato perché non si ha nulla da comunicare agli italiani come politica alternativa”.
Negli ultimi giorni è poi spuntato un nuovo condono, una sanatoria per provare ad aumentare le adesioni al concordato preventivo: ricerca disperata di soldi o solito ammiccamento agli evasori?
“Il concordato, per la fisionomia che sta assumendo, è un mostro bicefalo: da una parte un condono osceno per chi aderirà; dall’altra un ricatto di Stato agli autonomi che non vogliono aderire. Davvero un bell’esempio del tanto sbandierato nuovo rapporto tra Fisco e contribuenti. Il Governo dovrebbe solo cancellare il concordato e recuperare risorse dove ci sono: una vera tassazione sugli extraprofitti bancari, non la squallida sceneggiata della maggioranza alle prese con la difesa delle banche amiche; un potenziamento della digital tax sui colossi del web; un taglio dei sussidi ambientalmente dannosi; l’immediato esercizio della clausola del Patto di stabilità che consente agli Stati di ricalcolarne alcuni parametri e attutirne l’impatto sul percorso di correzione dei conti”.
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