L’editoriale di Marco Travaglio
La serva serve
Questo articolo, con qualche data cambiata, l’ho scritto varie volte negli ultimi 15 anni e anche prima. Ma non è colpa mia: è che a ogni giro di nomine Rai arriva, puntuale come le tasse, la “candidatura Minoli”. Per non dire che l’unico a volere Giovanni Minoli è Minoli Giovanni, i gazzettieri fanno i vaghi: “spunta”, “avanza”, “se ne parla”. Ieri il Corriere, prima di intervistarlo, ha precisato che “gira il suo nome per la presidenza Rai”. E indovinate chi lo fa girare. Ma stavolta lui fa il prezioso: siccome nessuno gli ha chiesto niente, dice che se qualcuno gli chiede qualcosa “allo stato attuale non ci sono le condizioni”: “I poteri sono ben pochi, servono deleghe ad hoc”. Quindi bene così: nessuno lo vuole, lui non vuole, saluti e baci. Invece no: “Mi sono candidato a consigliere di amministrazione perché ritengo di avere la necessaria esperienza”. È in pensione da 15 anni, ma – tomo tomo cacchio cacchio – “ho attraversato i generi” con Un posto al sole. “Questo è servizio pubblico. Me l’ha detto anche Confalonieri di Mediaset. E ho anche ricevuto la cittadinanza onoraria di Napoli all’unanimità”. Mica pizza e fichi.
Purtroppo in Rai non regna “la professionalità”, ma “l’appartenenza”. E lui l’ha scoperto adesso. Non nel 1987, quando faceva gli spot elettorali a Craxi col garofano rosso all’occhiello. O quando gli scriveva con la saliva al posto dell’inchiostro: “Caro Bettino… in 10 anni ho prodotto molti dei programmi di Rai2 che hanno avuto più successo… Per questo ritengo che avrei potuto essere considerato un interlocutore nel momento dell’ennesima difficilissima scelta circa il destino della Rete 2… Non sono mai stato capace di spendere tempo nelle manovre di corridoio… Capirai lo sfogo ma anche l’amarezza di chi si sente a posto con la coscienza professionale e la lealtà politica, ma sempre scavalcato dai pregiudizi, dalle informazioni incomplete, tendenziose e forse cattive… Se servo, ci sono”. O quando da craxiano si scoprì martelliano, berlusconiano, veltroniano, prodiano, montiano, renziano e sovranista (“se sovranismo significa tornare a produrre programmi in azienda, non mi dispiace”). O quando la Rai gli regalò i diritti di 3 mila ore de La storia siamo noi, poi glieli ricomprò alla modica cifra di 1 milione e ora rimanda in onda il succulento programma. O quando lui passò a Radio 24 e a La7, dove lanciò un’epica intervista con queste parole: “Continuiamo il viaggio tra le donne top manager d’Italia. Siamo andati a incontrare la presidente della Lux, che da 25 anni sforna in continuazione successi d’ascolti per la tv. Lei è Matilde Bernabei!”. Cioè sua moglie, ma lui si scordò di precisarlo. Mille reincarnazioni e un solo, coerente motto: “Se servo, ci sono”. E la serva serve sempre..
Sorgente ↣ : La serva serve – Il Fatto Quotidiano