Omicidio Pierina Paganelli, oltre al movente passionale potrebbe esserci quello religioso


Per l’omicidio di Pierina Paganelli, la settantottenne accoltellata nel garage del condominio di Rimini dove abitava nell’ottobre dello scorso anno, attualmente il giudice per le indagini preliminari ha disposto la misura di custodia cautelare in carcere per Louis Dassilva, il trentaquattrenne senegalese che intratteneva una relazione extraconiugale con la nuora della vittima, Manuela Bianchi.

Questa vicenda è stata molto attenzionata dai media perché ci sono voluti parecchi mesi prima che la Procura decidesse di arrestare l’unico indagato per l’assassinio della povera Pierina e perché inizialmente l’attenzione degli inquirenti si era rivolta ad una cerchia più ampia di persone ascoltate più volte in questura e intervistate da innumerevoli trasmissioni televisive. Tra queste persone, oltre a Louis Dassilva, la stessa Manuela Bianchi, il fratello di lei Loris Bianchi e la moglie dell’indagato Valeria Bartolucci.

La Procura ha individuato come fattore scatenante del delitto il movente passionale perché la relazione adulterina tra Louis e Manuela avrebbe creato un clima di rancore e forti dissapori con Pierina e dall’analisi dei tabulati telefonici sarebbero emerse forti preoccupazioni, soprattutto da parte di Manuela, delle conseguenze che la frequentazione fra i due amanti, entrambi sposati e vicini di casa, avrebbe avuto una volta venuta alla luce.

In un’intercettazione ambientale realizzata nella sala d’attesa della questura, Manuela in preda ad un forte stato di ansia si fa promettere da Louis che niente cambierà dopo quello che è successo e si porta le mani al viso in segno di disperazione. A cosa si riferisce? Alla loro relazione o al delitto? Ma si spinge anche più in là, confessa all’amante di essere certa che entrambi siano stati convocati per essere arrestati e Louis le chiede se il rischio di finire dietro le sbarre riguardi solo loro due o anche il fratello di lei Loris. Perché tirare in ballo Loris? A ciò si aggiungono tutta una serie di messaggi in cui i due si scambiano frasi romantiche e promesse di amore eterno persino la sera prima dell’omicidio quando Louis scrive a Manuela che la sua famiglia ovvero il marito e la suocera non la meritano e la trattano come una serva.

La frequentazione tra la nuora della vittima e il giovane senegalese non era una pura attrazione fisica come i due avevano cercato di far credere all’inizio ma una vera e propria relazione amorosa come testimoniano le foto e le chat recentemente diffuse da tv e stampa, messaggi pieni di sentimenti dove lei lo chiamava “mio principe”, “mio tutto”, “tesoro mio bello come il sole”. Ma c’è di più.

Manuela proprio quella sera manifesta a Louis una forte preoccupazione per il fatto che l’indomani sarebbe stata sottoposta al giudizio del collegio degli anziani dei testimoni di Geova, comunità religiosa che frequentava insieme a suo fratello Loris e alla suocera Pierina. Un adulterio, se scoperto, ha indubbiamente un certo peso morale ed etico in qualsiasi contesto sociale ma lo ha ancora di più in certi ambiti religiosi, nella fattispecie in una comunità di persone che frequentano le adunanze dei testimoni di Geova. L’onta, la vergogna, il grave disvalore sociale ed etico che investono una donna – ritenuta colpevole di aver tradito il marito – la cui condotta adulterina era prossima ad essere valutata da un collegio di giudici il giorno successivo all’uccisione della povera Pierina hanno senz’altro avuto un grande peso nel determinare un eventuale movente del delitto.

E’ per questo che, a mio avviso, Louis Dassilva potrebbe allargarsi ad altri soggetti che avevano un interesse a proteggere e salvaguardare l’onore di Manuela o a vendicarla dalle angherie e dalle ingiustizie che, secondo il punto di vista di chi ha commesso il crimine, avrebbe subito dalla suocera prossima a rovesciare sul tavolo dei giudici dei testimoni di Geova una condotta che le avrebbe cucito addosso un marchio di indelebile infamia e indegnità.

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