Negli ultimi tempi – ma in realtà è da tutta una vita – pancetta e guanciale sono protagonisti dell’ennesimo dibattito sulla carbonara, che tra i due “litiganti” ha inoltre introdotto un terzo incomodo, ovvero il bacon, usato dai soldati americani arrivati in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale e pure dal New York Times più recentemente. Insomma, sembrano proprio non avere pace questi tre prodotti ricavati dal maiale che, pur essendo simili, differiscono per origine, taglio, preparazione, sapore e usi in cucina. A livello internazionale la pancetta e il bacon sono più conosciuti e diffusi, mentre quanto si tratta di guanciale il riferimento principale è quello alla tradizione norcina del Centro Italia. Conosciamoli meglio… E ognuno scelga il suo preferito.
Pancetta: rustica e versatile
Iniziamo dalla pancetta, uno dei salumi made in Italy più popolari. Si tratta di una lavorazione che proviene dalla parte ventrale del suino (la pancia per l’appunto): è un taglio caratterizzato da una considerevole proporzione di grasso, che le conferisce la caratteristica morbidezza e capacità di sciogliersi durante la cottura. Dopo essere stata rifilata, scotennata e privata dalla parte lipidica in eccesso, viene trattata con una miscela di sale e spezie varie (pepe nero, chiodi di garofano, aglio) e successivamente lasciata stagionare per un periodo che può variare dai 15 ai 120 giorni. Alcune versioni ne prevedono l’affumicatura o l’insaporimento con del peperoncino.
In commercio si trova quindi dolce (naturale), affumicata, di forma arrotolata o stesa, a fette, cubetti o intera. Essendo un alimento tendenzialmente economico, in cucina è utilizzata soprattutto come insaporitore passepartout, perché può arricchire piatti di pasta, contorni a base di ortaggi (tipo patate o piselli) e soffritti per zuppe o risotti. Si usa anche per mantenere tenera una carne o una verdura che rischierebbe di seccarsi in forno, impiegandola come bardatura per cosce di pollo, filetto, asparagi, porri o come rivestimento per involtini. Generalmente si consuma cotta, ma può essere anche mangiata “cruda” in taglieri, per farcire panini o decorare stuzzichini sfiziosi, per esempio dei fichi ripieni.
Guanciale: sotto il segno della tradizione
Il guanciale è un salume più pregiato rispetto al precedente, visto che arriva dalla guancia, dalla gola o dal collo del suino, dove troviamo del grasso più nobile se confrontato con quello addominale. Nel taglio è presente anche la cotenna, la parte esterna dura che di solito si elimina al momento dell’utilizzo. Il processo di lavorazione prevede una salatura e speziatura simile a quella della pancetta e una stagionatura più lunga, da un minimo di 30 giorni, fino a 4-6 mesi: nelle regioni del Centro e Sud d’Italia, il guanciale rientra spesso nei Pat (prodotti agroalimentari tradizionali), con storie di eccellenza dall’Umbria al Lazio, passando per Abruzzo e Campania. In cucina, è molto apprezzato per il suo sapore deciso: il modo più classico per valorizzarlo è quello di rosolarlo senza l’aggiunta di olio o di burro, fino a diventare croccante con il grasso rilasciato che diventa l’elemento chiave per dare un gusto inconfondibile e corposità a pastasciutte cult come carbonara, amatriciana o gricia o specialità legate al territorio come le fave stufate e la vignarola.
Bacon: do you speak english?
Eccoci arrivati al bacon, che appartiene alla tradizione gastronomica anglosassone. Per inquadrarlo, potremmo subito definirlo come un parente stretto della pancetta stagionata. A differenza di quest’ultima, che si ricava esclusivamente dal ventre del maiale, il bacon proviene anche da altri tagli, inclusi la schiena, i lombi, la gola e i fianchi, rendendolo più magro in alcune varianti. Durante la fasi di lavorazione viene solitamente trattato con sale, spezie e zucchero, essiccato per alcuni mesi, cotto in vari modi e poi il più delle volte affumicato: non si può quindi dire che ne esista una sola tipologia, anzi, ce ne sono molteplici, dal black bacon britannico, magro e carnoso, al side bacon tipico degli States, dagli strati di grasso che attraversano in lunghezza la fetta.
Il sapore è più complesso e intenso rispetto a quello morbido e delicato della pancetta: il suo impiego d’elezione è quello di essere mangiato crunchy e asciutto in sandwich (come il club sandwich), hamburger, insalate o come ingrediente fondamentale dell’english breakfast, che si sposa alla perfezione con le uova (strapazzate o alla Benedict) oppure per avvolgere carne, verdure, ma anche molluschi. Un abbinamento collaudato è quello con le capesante, dove si crea un perfetto equilibrio tra sapidità e dolcezza.
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