L’Europa si spopola mentre Bruxelles accelera sui rimpatri

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Non c’è solo la spettacolare deportazione del governo italiano. L’Unione europea è nel pieno di un dibattito sulle migrazioni e  sembra allontanarsi sempre più dai principi fondanti di solidarietà e accoglienza che ne hanno caratterizzato la nascita. Il prossimo vertice europeo si concentrerà principalmente su come accelerare e rendere più efficienti le procedure di rimpatrio per i migranti irregolari, con proposte che sfiorano pericolosamente i limiti della legalità e dell’etica.

L’ossessione dei rimpatri: l’UE si allontana dai suoi valori fondanti

Quindici Stati membri hanno firmato una lettera chiedendo alla Commissione europea misure “innovative” per accelerare le deportazioni. Tra i firmatari, paradossalmente, figurano paesi come Bulgaria, Lettonia, Lituania e Romania, dove la presenza di stranieri è minima e il vero problema demografico è l’emigrazione massiccia dei propri cittadini verso l’Europa occidentale.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sembra ben disposta ad assecondare queste richieste, aprendo alla possibilità di creare “hub di rimpatrio” al di fuori del territorio dell’Ue. Una proposta che non solo solleva dubbi sulla sua legalità ma che rappresenta un significativo cambio di rotta rispetto alla posizione della Commissione di Jean-Claude Juncker, che nel 2018 aveva escluso tali soluzioni proprio per il rischio di violare il principio di non respingimento.

l paradosso demografico: l’Est Europa si svuota ma chiede frontiere chiuse

Ma mentre l’Ue si concentra sulle misure restrittive emerge un quadro demografico preoccupante per molti Stati membri per una altro tipo di migrazioni, soprattutto quelli dell’Europa orientale. Paesi come Bulgaria, Ungheria, Croazia e Romania stanno vivendo un esodo massiccio della propria popolazione verso l’Ovest, con perdite che in alcuni casi superano il 20% rispetto al periodo successivo alla caduta del Muro di Berlino. 

La Bulgaria, ad esempio, ha perso il 28,2% della sua popolazione in 35 anni, passando da quasi 9 milioni di abitanti nel 1988 a poco più di 6,4 milioni nel 2023. L’Ungheria, nonostante la retorica anti-immigrazione del governo Orban, ha visto la sua popolazione ridursi del 10,5% nello stesso periodo. La Romania ha perso oltre 4 milioni di abitanti dal 1989, pari al 17,8% della sua popolazione.

I dati mettono in luce una contraddizione fondamentale: mentre alcuni paesi chiedono politiche più dure contro l’immigrazione stanno in realtà affrontando una crisi demografica dovuta all’emigrazione dei propri cittadini. La percentuale di popolazione straniera in questi paesi è infatti minima: 1,1% in Romania, 1,3% in Bulgaria, 1,8% in Croazia, 2,4% in Ungheria.

Le proiezioni di Eurostat dipingono un quadro fosco per il futuro. Senza un cambio di rotta nelle politiche migratorie e di natalità molti paesi dell’Ue rischiano di perdere una parte significativa della loro popolazione entro la fine del secolo. La Lettonia potrebbe perdere quasi il 40% della sua popolazione, la Lituania oltre il 35%, la Croazia quasi il 30%.

Ecco perché l’approccio Ue è miope e senza senso. Concentrandosi esclusivamente sul controllo delle frontiere e sull’accelerazione dei rimpatri, l’Unione rischia di ignorare le reali sfide demografiche e economiche che molti suoi Stati membri stanno affrontando.

L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Filippo Grandi, ha recentemente criticato questo approccio, sottolineando come concentrarsi unicamente sui confini non solo sia inefficace ma possa anche violare gli obblighi legali internazionali. Grandi ha invitato invece a guardare alle cause profonde nei paesi di origine, un appello che sembra cadere nel vuoto nel dibattito europeo attuale.

La disunione dell’Ue sulla questione migratoria si manifesta anche nelle recenti dichiarazioni del primo ministro polacco Donald Tusk che ha annunciato la sospensione temporanea delle procedure di asilo a seguito dell’aumento degli ingressi dalla Bielorussia. Una mossa che la Commissione europea ha prontamente ricordato essere in contrasto con gli obblighi internazionali degli Stati membri. Ma gli obblighi internazionale a Bruxelles sembrano esserseli dimenticati da un bel pezzo. 

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