Troppo democratici

L’editoriale di Marco Travaglio

Troppo democratici

Per capire cosa intendano per “democrazia” gli Stati Uniti, basta il costo della campagna elettorale: 14 miliardi di dollari, il Pil del Nicaragua, o del Mozambico, o della Namibia, o della Palestina. Ma pure il discorso d’addio di Joe Biden, che rivendica “la promessa di essere sempre onesto e di dirvi la verità”. Poi però non spiega mai perché rinuncia a una candidatura decisa non da lui, ma dall’87% gli elettori alle primarie tra gennaio e giugno. Tant’è che il 23 aprile annunciò la ricandidatura, malgrado tutti sapessero (il WP l’aveva scritto già il 12 settembre) che non era in condizione neppure di ultimare il mandato, figurarsi di governare altri quattro anni. Tre settimane fa ribadiva: “Gli elettori dem hanno votato e mi hanno scelto come candidato”. Una malattia improvvisa? Non risulta. Una settimana fa diceva: “Mi ritiro solo se me lo chiede il medico”, che però non gliel’ha chiesto. Infatti, nel discorso del ritiro, s’è detto certo che “i miei risultati, la mia leadership nel mondo, la mia visione del futuro meritassero un secondo mandato”. Poi, con un salto logico incompatibile col presidente onesto e sincero, ha aggiunto che “niente, neppure l’ambizione personale, può ostacolare la salvezza della democrazia”. Ergo – chissà perché – “passo la torcia a una nuova generazione”: cioè alla “nostra grande vicepresidente Kamala Harris”, mai votata alle primarie né ancora investita dalla Convention, ma indispensabile per non perdere le milionate già sganciate dai finanziatori al ticket Biden-Harris, che deve restare in corsa almeno al 50% per mantenerle.

Che un rimbambito non sappia di esserlo (specialmente se gli alleati gli obbediscono come se fosse lucido), ci sta: altrimenti non sarebbe rimbambito. Infatti non ci pensa neppure a sloggiare subito, come dovrebbe fare chi confonde Zelensky con Putin e se stesso con la Harris(“Sono il primo vicepresidente donna”). E sostiene restando serio che “per la prima volta in questo secolo gli Usa non sono in guerra in nessuna parte del mondo”. Ma c’è un limite anche alle bugie: tutti sanno che, oltre all’ambizione e alla sete di potere sua, della moglie e dello staff che comanda al posto suo, e alla paura per il figlio-mariuolo Hunter senza più il padre-padrino alla Casa Bianca, il primo motivo della sua cocciuta resistenza era la scarsa stima per la Harris. Biden l’ha nascosta per quattro anni come un impiastro e ora dice: “Il bello dell’America è che non governano re o dittatori, ma il popolo” con la sua “libertà di voto e di scelta”. Ma il popolo aveva scelto lui e ora si ritrova la sua vice scelta da lui, dall’intrallazzona Nancy Pelosi e dalle Dynasty Clinton e Obama. Se questi sono i difensori della democrazia minacciata da Trump, povera democrazia.

 

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Toti si è dimesso

Per evitare il giudizio immediato

Sono arrivate le dimissioni di Toti. La decisione potrebbe essere dettata dalla speranza di evitare il processo con giudizio immediato.

Alla fine le dimissioni sono arrivate. Giovanni Toti ha deciso di lasciare l’incarico di presidente della Regione Liguria dopo l’indagine a suo carico che l’ha portato agli arresti domiciliari. A consegnare la lettera di “dimissioni irrevocabili” all’ufficio protocollo regionale è stato l’assessore Giacomo Giampedone, proprio su delega di Toti. 

Toti ha quindi formalizzato le sue dimissioni a 80 giorni di distanza dall’inizio degli arresti domiciliari dettati dall’inchiesta sulla corruzione in Liguria. Toti era stato eletto per un secondo mandato alle elezioni regionali del 2020 e il suo mandato si interrompe quindi con un anno di anticipo. 

 

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Frottole sovraffollate

L’editoriale di Marco Travaglio

Frottole sovraffollate

Come a ogni estate, ecco l’immancabile dibattito sulle carceri sovraffollate e su come sfollarle, col contorno dei soliti sciacalli pronti a legiferare per non farci più entrare chi di solito non le vede neppure col binocolo: i colletti bianchi. L’ultima ideona, firmata dal renziano Giachetti e sposata da FI e Pd, è quella di allargare la già indecente “liberazione anticipata” dagli attuali 3 a 4 mesi per ogni anno di pena. Nella sentenza c’è scritto che devi scontare 9 anni? Tranquillo, è tutto finto: 9 vuol dire 6, ma poi 6 vuol dire 2, perché – grazie alle svuotacarceri dell’ultimo decennio – i 4 finali li sconti ai domiciliari e ai servizi sociali. E’ la certezza della pena all’italiana, che aumenta il senso di impunità e dunque il numero dei reati anziché ridurlo. Così il problema rimane intatto, pronto all’uso strumentale per l’anno successivo. Quello che chiamiamo ‘sovraffollamento’, con tanto di numeri di detenuti in eccesso (14 mila) rispetto ai posti-cella previsti (47 mila), è frutto di un equivoco autolesionista tutto italiano. L’Italia calcola i posti-cella in base alla legge del 1975 che fissa 9 metri quadrati per il primo detenuto e 5 per ciascuno degli altri. Invece il Consiglio d’Europa ne raccomanda almeno 4 per ogni recluso. E la Corte di Strasburgo considera inumano uno spazio pro capite inferiore ai 3. Così un carcere sovraffollato in Italia non lo è nel resto d’Europa.

Ciò non significa che nelle carceri italiane si viva bene, anzi: molte sono un inferno (58 suicidi in 7 mesi). Ma perché sono vecchie, malsane, fatiscenti, poco differenziate per tipo di detenuti, incapaci di farli lavorare, permeabili alla droga, a corto di personale. L’unica soluzione è costruirne di nuove, ma i “garantisti” non ci sentono. Pensano che i detenuti siano “troppi” non si sa in base a cosa, a prescindere, cioè che in carcere ci siano migliaia di persone che non dovrebbero starci. In realtà, rispetto all’unico parametro serio – il numero di reati e di delinquenti – i detenuti sono troppo pochi: se si recuperasse un po’ di efficienza repressiva per risolvere un 5% delle centinaia di migliaia di delitti impunitie un po’ di certezza della pena, le carceri scoppierebbero ben di più. Del resto l’Italia, unico Paese con tre mafie ha un rapporto detenuti-abitanti simile o persino inferiore a nazioni con minori tassi di criminalità. C’è chi parla di un boom causato dalle “politiche securitarie” (ma quali?) del governo Meloni, ma anche questa è una frottola: la destra ha inventato ben 15 nuovi reati, tipo il rave party, ma sono tutte baggianate rimaste lettera morta, senza processi o arresti (a parte l’assurdo dl Caivano, che però ha aumentato di qualche centinaio le presenze nei carceri minorili, non negli ordinari). Forse, per risolvere il problema, bisognerebbe prima capire qual è.

 

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Tridico (M5s): Meloni? Un fallimento in Ue

Il commissario italiano che andrà a Bruxelles sarà sfiduciato dal suo governo

“La partita giocata a Bruxelles da Meloni non ha giovato all’Italia e questo si è visto nei momenti cruciali per le posizioni più importanti. La posizione ambigua di Meloni che strizza l’occhio alla destra estremista, post fascista, e dall’altro alla destra moderata, ha comportato una posizione che non è stata ben accettata dal consesso europeo. […]

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