Frottole sovraffollate

L’editoriale di Marco Travaglio

Frottole sovraffollate

Come a ogni estate, ecco l’immancabile dibattito sulle carceri sovraffollate e su come sfollarle, col contorno dei soliti sciacalli pronti a legiferare per non farci più entrare chi di solito non le vede neppure col binocolo: i colletti bianchi. L’ultima ideona, firmata dal renziano Giachetti e sposata da FI e Pd, è quella di allargare la già indecente “liberazione anticipata” dagli attuali 3 a 4 mesi per ogni anno di pena. Nella sentenza c’è scritto che devi scontare 9 anni? Tranquillo, è tutto finto: 9 vuol dire 6, ma poi 6 vuol dire 2, perché – grazie alle svuotacarceri dell’ultimo decennio – i 4 finali li sconti ai domiciliari e ai servizi sociali. E’ la certezza della pena all’italiana, che aumenta il senso di impunità e dunque il numero dei reati anziché ridurlo. Così il problema rimane intatto, pronto all’uso strumentale per l’anno successivo. Quello che chiamiamo ‘sovraffollamento’, con tanto di numeri di detenuti in eccesso (14 mila) rispetto ai posti-cella previsti (47 mila), è frutto di un equivoco autolesionista tutto italiano. L’Italia calcola i posti-cella in base alla legge del 1975 che fissa 9 metri quadrati per il primo detenuto e 5 per ciascuno degli altri. Invece il Consiglio d’Europa ne raccomanda almeno 4 per ogni recluso. E la Corte di Strasburgo considera inumano uno spazio pro capite inferiore ai 3. Così un carcere sovraffollato in Italia non lo è nel resto d’Europa.

Ciò non significa che nelle carceri italiane si viva bene, anzi: molte sono un inferno (58 suicidi in 7 mesi). Ma perché sono vecchie, malsane, fatiscenti, poco differenziate per tipo di detenuti, incapaci di farli lavorare, permeabili alla droga, a corto di personale. L’unica soluzione è costruirne di nuove, ma i “garantisti” non ci sentono. Pensano che i detenuti siano “troppi” non si sa in base a cosa, a prescindere, cioè che in carcere ci siano migliaia di persone che non dovrebbero starci. In realtà, rispetto all’unico parametro serio – il numero di reati e di delinquenti – i detenuti sono troppo pochi: se si recuperasse un po’ di efficienza repressiva per risolvere un 5% delle centinaia di migliaia di delitti impunitie un po’ di certezza della pena, le carceri scoppierebbero ben di più. Del resto l’Italia, unico Paese con tre mafie ha un rapporto detenuti-abitanti simile o persino inferiore a nazioni con minori tassi di criminalità. C’è chi parla di un boom causato dalle “politiche securitarie” (ma quali?) del governo Meloni, ma anche questa è una frottola: la destra ha inventato ben 15 nuovi reati, tipo il rave party, ma sono tutte baggianate rimaste lettera morta, senza processi o arresti (a parte l’assurdo dl Caivano, che però ha aumentato di qualche centinaio le presenze nei carceri minorili, non negli ordinari). Forse, per risolvere il problema, bisognerebbe prima capire qual è.

 

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Tridico (M5s): Meloni? Un fallimento in Ue

Il commissario italiano che andrà a Bruxelles sarà sfiduciato dal suo governo

“La partita giocata a Bruxelles da Meloni non ha giovato all’Italia e questo si è visto nei momenti cruciali per le posizioni più importanti. La posizione ambigua di Meloni che strizza l’occhio alla destra estremista, post fascista, e dall’altro alla destra moderata, ha comportato una posizione che non è stata ben accettata dal consesso europeo. […]

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Maestra senza allievi

L’editoriale di Marco Travaglio

Maestra senza allievi

Per carità, rispetto a Biden è un pischello. Ma quando parla di guerre, Sergio Mattarella non pare lucidissimo. Esprime “grande tristezza nel vedere che il mondo getta in armamenti immani risorse finanziarie che andrebbero destinate a fini sociali” (bene, bravo, bis). Poi però, con un arabesco logico da Guinness, ricasca nella solita litania: “L’Italia e i suoi alleati sostenendo l’Ucraina difendono la pace per evitare altre aggressioni a vicini più deboli che porterebbero a una guerra globale”. È la bugia che ci affligge dal 2022, quando Mosca invase l’Ucraina e si disse che la guerra era scoppiata quel giorno perché Putin, impazzito, voleva conquistare l’Europa partendo dal Donbass. Invece è scoppiata nel 2014, col golpe bianco di Euromaidan (fomentato dagli Usa, come confessò Victoria Nuland) per cacciare il legittimo presidente Janukovich e far eleggere il fantoccio Poroshenko che cambiò la Costituzione per aderire alla Nato e prese a bombardare il Donbass russofono. Mattarella, così triste per il riarmo, domanda: “Colpa di chi difende la propria libertà e chi lo aiuta o di chi aggredisce la libertà altrui?”. Ma dimentica le responsabilità occidentali: anche nella Serbia filorussa che, quando lui era vicepremier nel 1999, fu bombardata dalla Nato per 78 giorni e smembrata con l’indipendenza del Kosovo (il diritto all’autodeterminazione vale solo per i nemici di Mosca, quindi non per il Donbass).

Poi scomoda l’“historia magistra vitae” (ma priva di allievi) per un ardito paragone con la II guerra mondiale: “Hitler pretendeva di annettere i Sudeti, la parte di Cecoslovacchia con una minoranza tedesca che Hitler pretendeva di annettere. Gran Bretagna, Francia e Italia, anziché difendere il diritto internazionale, gli diedero via libera. Lui poi occupò l’intera Cecoslovacchia e quando, non incontrando ostacoli, provò con la Polonia scoppiò la guerra mondiale”. Fra le tante cose che la storia non gli ha insegnato – oltre al fatto che Putin non è Hitler, non ha la Wehrmacht ma un esercito al confronto modestissimo e, se provasse a invadere l’Europa, si ritroverebbe contro l’intera Nato – c’è che contro Hitler si mossero Usa, Uk e Russia. Contro Putin c’è il fu esercito ucraino, che ha perso la guerra. E ora Zelensky e Kuleba invocano negoziati coi russi. Ma, come già nel 2022, dopo aver ripetuto per due anni e mezzo che la pace la decide l’Ucraina, l’Europa sabota i negoziati incitandola a farsi massacrare ancora. Ecco il generale Roly Walker, capo di stato maggiore britannico, in stereo con Mattarella e con l’Ue: “Dobbiamo prepararci a combattere con la Russia entro tre anni”. Quindi o ha saputo che Putin prepara lo sbarco oltre la Manica, o anche a lui servono ripetizioni di storia.

 

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Giustizia: il report Ue stronca l’Italia

La riforma Nordio danneggia le indagini su corruzione. Col bavaglio effetto intimidatorio sui cronisti

La riforma della giustizia firmata da Carlo Nordio può avere effetti negativi sulle indagini anti corruzione, mentre il bavaglio approvato su input di Enrico Costa per vietare la pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare potrebbe avere un “effetto intimidatorio” nei confronti dei giornalisti, che continuano a essere “aggrediti, minacciati di morte e intimiditi in vario […]

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I genitori di Renzi condannati a 3 anni e due mesi per fatture false. Assolti per la bancarotta

Tre anni, 2 mesi e 15 giorni per alcuni episodi di false fatturazioni. È la condanna emessa dal Tribunale di Firenze nei confronti di Tiziano Renzi e della moglie Laura Bovoli. Il padre e madre del leader di Italia Viva Matteo Renzi sono stati invece assolti dall’accusa di bancarotta fraudolenta delle cooperative Delivery Service Italia […]

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Garantisti in mutande

L’editoriale di Marco Travaglio

Garantisti in mutande

Secondo una leggenda molto in voga, i politici si dividono in due categorie: i “populisti” e “giustizialisti”, dunque brutti; e i “riformisti” e “garantisti”, dunque belli, tipo Tajani, Calenda, Bonino, Renzi e simili sfollagente. Una prova? Nel 2015 il premier Renzi, mentre prepara un colpo di spugna sulla frode fiscale (che salva tanti suoi amici, tra cui B., e salta solo grazie a uno scoop di Libero e del Fatto), dichiara guerra alla vera piaga del Paese: i “furbetti del cartellino”, precursori dei famigerati “divanisti del reddito di cittadinanza”. Il 22 ottobre 2015 la Guardia di Finanza inscena una retata al Comune di Sanremo: 35 arresti domiciliari, 8 obblighi di firma, 196 indagati. Fra gli arrestati c’è Alberto Muraglia, vigile urbano responsabile dei controlli al mercato ortofrutticolo, immortalato da una telecamera mentre striscia il badge in t-shirt e slip. Lui spiega che si sveglia ogni mattina alle 5 e non è mai mancato al lavoro, ma alcune volte gli è capitato di scendere a timbrare in déshabillé prima o dopo aver lavorato, visto che abita dentro il mercato. Niente da fare. Renzi si avventa su quella foto che fa il giro del mondo e, da buon garantista, tuona: “Questa è gente da licenziare in 48 ore”. Poi, siccome è pure “riformista”, spara la riforma alla velocità della luce: un decreto del gennaio 2016, affidato a quell’altro genio della Madia. Renzi lo spiega così: “Decreto cattivo, ma giusto. Chi finge, timbra e scappa dev’essere sanzionato perché distrugge la credibilità della PA. Non li chiamerei fannulloni, ma truffatori. Abbiamo visto cose pazzesche, come a Sanremo dove c’era chi timbrava in mutande. Serve il pugno di ferro: chi si comporta così va licenziato entro 48 ore”. Ovviamente senza processo, come da manuale del garantismo riformista.

Arrestato, sputtanato e licenziato con altri 32, Muraglia mantiene la famiglia aprendo una botteguccia. Intanto ricorre al tribunale del lavoro e attende il processo penale, dove purtroppo non si decide in 48 ore. Ma per tutti è “il furbetto fannullone che timbra in mutande”. Per lui i tre gradi di giudizio e la presunzione di non colpevolezza fino in Cassazione non valgono: mica si chiama B., Santanchè, Sgarbi, Toti, Brugnaro, Renzi (babbo o figlio, a scelta). Nel 2020 il gup lo assolve con “rito abbreviato” (sono passati solo 5 anni, sennò sarebbe “allungato”), come quasi tutte le migliaia di “furbetti del Rdc” nell’ultimo triennio. E il giudice del lavoro lo reintegra, ma lui non torna in servizio, anche perché il Comune impugna la sentenza fino alla Cassazione. Che l’altro giorno, 9 anni dopo, ha dato ragione a lui e condannato il Comune a versargli almeno 227 mila euro di arretrati. Però Muraglia è un uomo fortunato: pensate se avesse incontrato un premier populista e giustizialista.

 

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