Travaglio sul Nove: Le facce della Meloni in Aula?

Del tutto fuori luogo: dovevano decidere il nostro futuro di guerra o pace in Ue

“Le faccette della Meloni in Aula? Del tutto fuori luogo in un contesto in cui si doveva decidere il nostro futuro di pace o guerra al Consiglio europeo”. Così Marco Travaglio ad ‘Accordi&Disaccordi’, il talk politico in onda sabato sera su Nove condotto da Luca Sommi con la partecipazione di Andrea Scanzi, ha commentato quello […]

 

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La gallina che canta

L’editoriale di Marco Travaglio

La gallina che canta

Anche sulla strage di Mosca invidiamo le certezze dei cosiddetti esperti: quelli che un minuto dopo sapevano già che l’Ucraina c’entrava o non c’entrava, o era stato l’Isis, anzi gli islamisti caucasici, o forse i ceceni, o magari le milizie russe filo-ucraine, o più probabilmente Putin si era fatto l’attentato da solo. Quando impareremo a considerare questi sedicenti analisti per volgari propagandisti di Putin o di Biden&Zelensky, oppure ultras che descrivono il mosaico geopolitico come una lotta fra cowboy e indiani o fra curva nord e sud, sarà sempre tardi. L’Isis, lo Stato islamico sunnita sorto fra Iraq e Siria sulle ceneri del regime di Saddam spodestato dagli sciiti col nostro astuto appoggio, ha molte ragioni per detestare Putin, nemico del jihadismo in Cecenia, Siria&C. (perciò piaceva tanto ai “buoni” fino al 2022). Anche gli afghani lo odiano: è figlio della Russia che nel 1979 li invase e nel 2001 concesse lo spazio aereo all’operazione Enduring Freedom anti-Talebani. Quindi la pista Isis, profetizzata con mirabile tempismo da Usa e Uk, è plausibile, anche se mancano simboli e slogan jihadisti e la tensione fra quel mondo e Mosca è un po’ vecchiotta.

 

Poi c’è la pista ucraina, molto più attuale, subito negata da Usa e Kiev prim’ancora che Mosca la evocasse. Putin, dopo gli arresti dei presunti stragisti, ha detto che fuggivano verso una “finestra aperta” in Ucraina: accuse tutte da provare (se pure fosse vero che fuggivano non in Bielorussia, ma nella zona di Kharkiv presidiata dalle truppe ucraine, non è detto che il governo lo sapesse). Ma sarebbe più facile smentirle se Kiev non fosse usa alle menzogne più spudorate e non avesse cantato per prima come la gallina che ha fatto l’uovo. Venerdì sera il portavoce dei servizi militari ucraini Andriy Yusov ha definito la strage “una provocazione deliberata del regime di Putin”, che “vuol finire la carriera con crimini contro i suoi stessi cittadini”. Cioè a uccidere i 150 russi e a guastare l’immagine di Putin è stato Putin: una scemenza che alimenta i peggiori sospetti. Al pari del mantra “Noi non pratichiamo il terrorismo”, smentito dall’autobomba che a Mosca uccise Darya Dugina, figlia del filosofo amico di Putin (attentato negato da Kiev e poi risultato opera sua); e dalla distruzione dei gasdotti Nord Stream, che qualche buontempone atlantista tentò di attribuire al solito Putin e invece fu quasi certamente ucraino con l’aiuto di servizi occidentali. Il 7 ottobre, dopo il pogrom in Israele, Zelensky sentenziò: “Dietro Hamas c’è Putin”. E fu sbugiardato dall’ambasciatore israeliano a Mosca: “Totali assurdità, pure teorie del complotto”. Se il regime ucraino vuole apparire estraneo all’ultima strage, è meglio che taccia: appena parla, sembra subito colpevole.

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Non solo Bari: tutta la Puglia in piazza con Decaro

Sindaci, studenti, anziani. Canfora: Qui un secolo fa cacciarono le bande fasciste

Desiree ha 19 anni. In piazza del Ferrarese è arrivata dalle 9 del mattino. “Voglio esserci, oggi si deve sentire la voce di tutti”. Sabina di anni ne ha 82. Si è seduta sul muretto che costeggia la piazza ma non ha voluto rinunciare. “Fossi più giovane sarei lì, in mezzo alla gente. È il […]

 

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Santanchè: Conte

Meloni continua a mettere la testa sotto la giacca

Si assuma la responsabilità politica

“Meloni si faccia dare le carte del caso Santanché e si assuma responsabilità politica”. Lo dice il presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte a margine dell’assemblea regionale lombarda del M5S. “La ministra Santanchè conosce la situazione e ha mentito al parlamento” ha aggiunto Conte invitando il presidente del consiglio a non aspettare “che facciano […]

 

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I 15 disastri economici del governo Meloni

 

Ecco una sequenza drammatica di fallimenti economici per un Governo che dovrebbe andare a casa il prima possibile (fonti Istat, Banca d’Italia, Commissione Ue, Ufficio parlamentare di bilancio e Nadef):

1) L’Italia è ritornata allo ‘zero virgola’ per quanto riguarda la crescita del Pil nel 2024. Siamo dietro alla bellezza di 20 Paesi ma la Meloni festeggia.

2) Previsione di aumento del debito pubblico in rapporto al Pil, proprio a causa dell’azzeramento della crescita.

3) Svendita di partecipazioni di Stato come Poste, Eni, Ferrovie;

4) Calo della produzione industriale nel 2023, con 12 mesi consecutivi di segno negativo;

5) fallimento del ‘Carrello tricolore’ anti-inflazione, con il costo dei generi alimentari aumentato del 9,8% nel 2023, addirittura più del picco del 2022;

6) avvilente retromarcia sulla tassazione degli extraprofitti bancari, trasformata in un contributo facoltativo con azzeramento del gettito per lo Stato;

7) contrazione del credito bancario al settore privato a fine 2023 (-2,8%);

8) calo degli investimenti fissi lordi delle imprese nei primi 9 mesi del 2023 (-5,8%);

9) calo del potere d’acquisto delle famiglie nei primi 9 mesi del 2023 (-1,2%);

 

10) incapacità di messa a terra del Pnrr, con solo il 7,4% delle risorse spese a valere sul 2023;

11) tagli al Sud per 15 miliardi, tra definanziamento dei progetti Pnrr nei Comuni meridionali, tagli al Fondo di perequazione infrastrutturale, tagli al Fondo di sviluppo e coesione per finanziare il Ponte sullo stretto, tagli agli investimenti per la decarbonizzazione dell’Ilva;

12) definanziamento da 14 miliardi degli investimenti in sanità pubblica in rapporto al Pil rispetto al tetto lasciato in eredità dal Governo Conte II (dal 7,1 al 6,4% in rapporto al Pil);

13) rete unica delle telecomunicazioni, asset strategico per il Paese, regalata a un gruppo di fondi esteri con il Mef che butta oltre 2 miliardi per avere una misera e irrilevante partecipazione;

14) zero risorse per finanziare il Livelli essenziali delle prestazioni all’interno della sciagurata Legge Calderoli sull’autonomia differenziata, che spaccherà ancora di più il Paese;

15) un nuovo Patto di stabilità rifilato all’Italia dalla Germania, che comporterà tagli e nuove tasse per 12/20 miliardi l’anno, a seconda del percorso di rientro.

 

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Pazzi da spazzare

L’editoriale di Marco Travaglio

Pazzi da spazzare

Dopo le faccette nere in Senato, la premier cabarettista si è recata al Consiglio di guerra europeo che l’ha dichiarata alla Russia, anche se nessuno s’è accorto di lei. E forse lei non s’è accorta della dichiarazione di guerra alla Russia. La posizione dei leader che contano si è capita: Michel vuole “prepararsi alla guerra per avere la pace” (praticamente un deficiente); Borrell e Sánchez non vogliono “spaventare i cittadini europei” dicendo la verità, sennò poi non li votano; Macron si traveste da boxeur e vuole inviare truppe a Kiev (non si sa per fare cosa, visto che è l’unico) e frugare nelle nostre tasche per eurobond da investire in armi (mica nella lotta alla povertà e nel green); Scholz, Orbán e i nordici non vogliono altri salassi. È della Meloni che non si capisce la posizione, eccetto il fatto che attende ordini da Biden e trema all’idea che vinca Trump. Stando al documento finale, si direbbe che condivida l’agghiacciante Piano di emergenza con “un approccio multirischio ed esteso a tutta la società” per “rafforzare e coordinare la preparazione militare e civile e di una gestione strategica delle crisi nel contesto dell’evoluzione del panorama delle minacce” (le nostre: la Russia non ha mai minacciato di attaccare un Paese Nato o Ue, mentre è stato un governo Nato e Ue – la Francia – a minacciare di attaccare la Russia). Stando alle sue dichiarazioni di ieri (“Non ho visto un clima di guerra” e il Piano è roba da “protezione civile”), si direbbe che la Meloni non abbia capito ciò che lei stessa ha firmato. Stando alle parole di Crosetto (“Non dobbiamo preparare la guerra, ma scongiurarla”), si direbbe che la premier non parli col ministro della Difesa o che siano di due governi diversi. Stando invece alla sua celebre telefonata coi due comici russi (“Il problema è trovare una soluzione che sia accettabile per entrambe le parti”, russi e ucraini), viene da chiedersi perché non l’abbia mai pronunciata in Parlamento né in Ue.

 

Se alle elezioni europee di giugno e americane di novembre gli attuali leader e i loro partiti non saranno spazzati via, gli storici del futuro – ove mai sopravvivessero – dateranno al 21 marzo 2024 l’inizio della Terza guerra mondiale. Eppure gli europazzi scatenati che firmavano la dichiarazione di guerra se la ridevano beati, quasi che discutessero le misure delle zucchine come ai bei tempi. Non si sono neppure accorti del messaggio devastante che continuano a inviare al Sud del mondo: anatemi, condanne, sanzioni, e mandati di cattura per Putin; e chiacchiere da bar sulla tregua a Gaza per non toccare Netanyahu, che in cinque mesi ha sterminato 32 mila palestinesi, il triplo dei civili ucraini uccisi dai russi in due anni. Poi si meravigliano se ci odiano tutti.

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